Alla Velocità della Vita - Capitoli 5 e 6: ASCOLTARE (NO, INTENDIAMO DAVVERO ASCOLTARE) + STARE IN SILENZIO

Clicca qui per la puntata precedente (4 - essere un buon compagno di scena).

Anche fuori dal palco, quando sei tu ad avere una conversazione con TJ o con Dave, percepisci proprio che ti stanno ascoltando. Ascoltano ogni singola parola. Stanno davvero ascoltando, senza pianificare un aneddoto parallelo con cui rispondere in modo brillante. Molti non sono abituati a ricevere un'attenzione simile. Essere ascoltati in questo modo è un gran bel regalo (ma state attenti a non dire niente di stupido).

“Se presti attenzione invece di provare a inventare nuove cose, è già tutto a disposizione”.

Nota tecnica:
Questo articolo è più lungo degli altri, il capitolo 5 è gigante e ingloba il capitolo 6, che parla del silenzio ed è molto breve, quindi l'estratto è risultato essere un paio di piccoli paragrafi.
Niente, prendetevi qualche minuto in più stavolta :)

DAVID E TJ SULL'ASCOLTO

L'ascolto denota volontà di imparare. Raccogliamo informazioni attraverso un ascolto acuto con tutti e 6 i nostri sensi.

David: “Il modo in cui TJ mi guarda mi fa capire chi sono. Mi dice chi è lui da come sta in piedi, si muove, sta seduto, parla... Il suo comportamento e ciò che dice di fronte a me, mi parla della natura del nostro rapporto.
In una classe che tenevo, a un certo punto ognuno stava facendo qualcosa di immotivato, perciò gli ho detto di andare sul palco e non muoversi finché non avessero un motivo per farlo. Qualcuno ha iniziato a mostrare segni d'irrequietezza. Gli ho chiesto perché si stessero muovendo. Non sono riusciti a rispondere, perciò li ho invitati a smettere di muoversi. Tutti se ne stavano lì, congelati. E più restavano fermi, più andavano nella testa, e in profondità dentro se stessi (sono stato un po' stronzo a lasciarli completamente immobili). Poi uno di loro ha percorso tutto il palco per andare ad allacciare le stringhe di un compagno che si erano slacciate. Adorabile. Ha dimostrato che il motivo migliore per fare qualsiasi cosa è aiutare gli altri. Ecco perché si dovrebbero fare cose; perché ci si accorge che vanno fatte. Non sono sicuro che quell'esempio sia stato utile a qualcuno in quella classe, ma a me ha aiutato molto”.

Le scarpe slacciate esemplificano la necessità di prestare attenzione al qui e ora, per poi scegliere un'azione che serve alla scena. Non possiamo pensare a come uscire da una situazione problematica. Quando il problema è che pensiamo troppo, la soluzione non sta nel pensare ancora di più. La soluzione risiede fuori di noi. Ed è per quello che ascoltiamo tutto ciò che accade sul palco con ogni parte del nostro corpo e con ogni senso.

Qualunque sia il problema, la risposta è la persona che abbiamo proprio di fianco a noi. Tutte le informazioni. Tutte le soluzioni. Non sono io; sei tu. Il nostro compagno è sia la porta che la chiave della scena che stiamo scoprendo insieme. Non dobbiamo inventare niente se la nostra ispirazione è lì che ci guarda negli occhi. Per quello dovremmo sempre ascoltare. È nel nostro miglior interesse. Serve a noi. Ascoltiamo il nostro compagno di scena perché vogliamo essere in una scena fichissima, migliore di quella che potremmo inventare se fossimo da soli. Gli altri ci aiuteranno a raggiungere quest'obiettivo.

Crediamo che la scena inizi a svelarsi davanti a noi appena si accendono le luci. È essenziale prestare attenzione per capire subito che scena sia. Ma non si tratta di un momento bloccato nel tempo, non abbiamo l'eternità per analizzarlo. Cambia immediatamente, perché iniziamo subito a rispondere alle informazioni che riceviamo man mano. Perciò ascoltiamo attentamente dal primo vagito della scena, perché molto presto quel primo momento svanirà, con o senza di noi. Restiamo nell'attimo in movimento. Il presente. Ascoltiamo. E reagiamo. In questo modo, l'ascolto rappresenta anche la volontà di cambiare.

Sempre Del Close diceva che “una battuta non viene recitata finché non è prima stata ricevuta”. Come possiamo essere certi che sia stata ricevuta? Guardando la persona a cui stiamo parlando, tanto per cominciare. Significa riconoscersi negli occhi del tuo compagno di scena. Ascoltiamo, riceviamo il messaggio, e veniamo cambiati. Quando ascoltiamo davvero, che sia per rispondere a uno sguardo, a un gesto o a una battuta appena pronunciata, stiamo assorbendo tutte quelle informazioni e ci facciamo influenzare. Questo è il cuore e l'anima dell'improvvisazione.

COSA STIAMO CERCANDO DI ASCOLTARE, ESATTAMENTE?
Val la pena notare come nonostante siamo ben oltre la metà di un capitolo sull'ascolto, non sono state quasi minimamente menzionate le parole. Capita che gli improvvisatori pensino erroneamente di dover mascherare il totale smarrimento a inizio scena, quando non hanno idea di cosa stia accadendo. Ma se riuscissimo a zittire la bocca e la mente, trasformando quell'energia nel notare il nostro compagno di scena e il momento in cui ci troviamo, avremmo molte più chances di essere utili alla scena e allo spettacolo. Quindi cerchiamo di fare silenzio, ascoltare e fare attenzione.

A questo scopo, troviamo essenziale la rimozione degli ostacoli che ci impediscono di ascoltare l'altra persona sul palco:
  • Non ascolteremo se saremo spaventati.
  • Non ascolteremo se penseremo di sapere come proseguirà la scena.
  • Sicuramente non ascolteremo se staremo pensando a quale cosa divertentissima stiamo per fare o dire.
  • Non ascolteremo se ci saranno troppi polli nel pollaio (traduzione letterale: “troppe api nella stanza”).
Tutti questi impedimenti a un buon ascolto hanno perfettamente senso, quando ci rendiamo conto che è nella natura umana voler fare queste cose. Vogliamo pianificare la scena perché abbiamo paura. Abbiamo paura di non sapere di cosa parli o che non sarà divertente. Magari al pubblico non piaceremo, il nostro partner riceverà più applausi, o finiremo punti da api assassine africane. Per improvvisare bene, dobbiamo ricordarci che quelle reazioni alla paura non ci aiutano.

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Non devi inventare. Devi solo accorgerti. Non devi interpretare l'intero spettacolo. Devi solo interpretare questo momento. E ora questo. E ora questo. È tutto ciò di cui siamo responsabili. Siamo responsabili solo del qui e ora. Ma se non stiamo ascoltando, ci perderemo questo momento.

Per chi avesse iniziato a leggere da questa riga, ricompenseremo il vostro ottimo intuito con un'informazione segretissima: non esiste altro che l'ascolto. È la base di tutto ciò che facciamo (ma parleremo anche di altre cose, altrimenti nessuno avrebbe pagato per un libro di 5 parole).


STRALCI DI CONVERSAZIONE: Ascoltare è più del semplice sentire parole

Thomas Dubay: “Gli umili ascoltano i propri fratelli e le proprie sorelle perché danno per scontato di avere qualcosa da imparare. Sono aperti alle correzioni, e grazie a loro diventano più saggi”.

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TJ: Non sono mai tanto le parole, quanto il modo in cui le dici. Se non sono emotivamente attaccato a quelle parole, ti sto sempre dando un foglio bianco.
La verità è quasi sempre dietro le parole. Non stiamo quasi mai dicendo ciò che diciamo, tranne quando stiamo dicendo ciò che diciamo.
Ascolti per leggere tra le righe, tra le parole.

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Pam: Durante una lezione, ho parlato dell'ascolto all'inizio di una scena, e qualcuno ha realizzato che, sul palco, tendiamo a dimenticare che circa il 90% della comunicazione nella vita reale è non-verbale. Sul palco tendiamo a basarci solo sul misero 10% di comunicazione a parole.

David: Assolutamente. Ma stiamo idealizzando. Questo livello estremo di attenzione è l'obiettivo. Non arrivo neanche vicino a raggiungerlo. È una fatica di Ercole. Ma almeno sappiamo che quello è l'obiettivo.


SUL SILENZIO
L'improvvisazione non è l'arte di parlare su un palco. L'improvvisazione è ascolto (in caso vi sia sfuggito: esiste solo l'ascolto). Più parliamo, meno significa. Possiamo semplicemente smettere di parlare e vedere cosa succede.

In ogni caso, se comprendiamo il ruolo del silenzio nel nostro modo di comunicare in scena, perché non dovremmo farlo anche sul palco? Se questo è ciò che ci fa stare bene, perché non offriamo anche al pubblico la possibilità di stare bene? Ultimamente, abbiamo provato a sfidarci a “osare la noia”. È il nostro modo di ricordarci che non dovremmo mai costringere lo spettacolo a essere divertente o comico, anche a costo di essere ordinari. Le scene devono muoversi alla velocità della vita. E può capitare che la vita abbia bisogno di tempo per riflettere in silenzio.

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