Short form e long form secondo Patti Stiles
Pubblichiamo la traduzione di un interessante articolo di Patti Stiles, prodigiosa improvvisatrice australiana, che chiarisce le idee sul ruolo della forma e del contenuto, con una filosofia shakespeariana (anzi, giuliettiana) che abbracciamo in pieno.
Allieva di Keith Johnstone e membro dell'International Theatresports Insitute, ho conosciuto Patti Stiles a Milano durante il Miim 2014. Insegnante dolce e attrice potente, mi ha aperto gli occhi sull'importanza dell'accoglienza nei confronti del partner di improvvisazione e della capacità di ispirazione che ti regalano i compagni di palco.
short form/long form
short form/long form
Non trovate l’uso arrogante che
alcune persone fanno di questi termini un po’ ridicolo?
Io credo che non ci sia reale
differenza tra long from e short form, a parte un mero discorso di
durata, e sono infastidita dalle compagnie che definiscono il proprio
lavoro con un tono che suggerisce che una sia meglio dell’altra.
Sono cazzate, entrambe hanno cose positive e negative, vantaggi e
debolezze.
Nessuna delle due è meglio dell'altra,
come se solo i più esperti potessero esprimersi al meglio con quella
scelta. Sia le freccette sia il tiro con l’arco necessitano di mira
e precisione.
Per
me la short form e la long form sono la medesima cosa quando ti metti
a improvvisare. Entrambe si basano – quindi soffrono in
caso della loro mancanza - sui mattoni che usiamo come Improvvisatori, cioè le nostre capacità narrative. Una scena di 2
o 3 minuti vacilla per lo stesso motivo di una long form e spesso
proporzionalmente nello stesso periodo di tempo.
Ecco alcuni consigli che ho dato in
diversi spettacoli. Riconosci le stesse cose in merito a spettacoli
cui hai partecipato? Puoi dire quali siano per la long form e quali
per la short form?
- Stavi pensando “in avanti” e stavi pianificando. Non preoccuparti di dove si stia andando, sii presente in ciò che sta accadendo.
- La scena/La storia non aveva piattaforma. Come risultato siete partiti nel mezzo e ciò non ha fornito una base. In questo modo è difficile fare un passo sicuro in qualsiasi direzione, quindi si è perso tempo cercando di trovare qualcosa di interessante.
- La scena/La storia è balzata a un conflitto immediato.
Se il conflitto
arriva troppo presto, con pochissima piattaforma, resti intrappolato.
Le tue scelte
possono essere:
- risolvere il conflitto, dando la sensazione di cancellare la proposta e che nulla sia accaduto;
- intensificare il conflitto, creando un racconto in cui ripeti te stesso;
- una persona potrebbe morire, perdere, arrendersi. Ma, senza la piattaforma, non comprendiamo pienamente la posta in gioco e, a meno che qualcuno non sia cambiato, non c'è storia.
- usare degli espedienti (5 anni prima, ecc.). A questa stregua sembra che tu voglia riparare qualcosa piuttosto che esplorare la narrazione con coraggio.
- Di chi era la storia/scena? Non tutti possono essere protagonisti. Se non lo sappiamo come possiamo creare le sfide per il nostro eroe o per il cattivo? Chi stiamo cercando di cambiare e descrivere?
- La scena/La storia avrebbe dovuto finire molto prima. È stato difficile trovare la fine perché nessuno sapeva che cosa la scena riguardasse davvero.
- La scena/La storia ha avuto troppi finali. Continuavano a saltar fuori e voi continuavate a recitare passando oltre. Avrebbe avuto molto più impatto se ne aveste scelto uno molto prima.
Siete in grado di determinare a quale
tipo di form si riferisce ogni appunto? Avete probabilmente
indovinato che gli stessi appunti sono validi per entrambe le
form.
Gli appunti sono gli stessi perché il
lavoro è il medesimo! Al di là della form, quale sia l'apparenza
della struttura, il lavoro è il medesimo!
Come ho detto, entrambe hanno dei
vantaggi. La short form concede più varietà e non siete blindati in
una storia che potrebbe non portare a nulla; la long form permette di
vedere personaggi più profondi e più teatralità. Ma anche la short
form può guadagnare dalla profondità dei personaggi e dalla
teatralità, e la long form può beneficiare della varietà e
dell’abilità di uscire da una storia che non sta portando da
nessuna parte.
In realtà a me piacciono entrambe.
Finché sto improvvisando con persone che sono lì per ispirare,
giocare a improvvisare e permettere che accada, la forma o la
lunghezza non sono importanti, è di per sé una gioia.
Porta in scena ciò che ti piace,
apprezza entrambe le forme per ciò che ti offrono. Smettiamo di dire "questa è meglio dell’altra perché
ha bisogno di più talento o abilità".
"Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.”
(Romeo e Giulietta: atto II, scena II)
Qui l'articolo orginale
Thanks Patti!
"Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.”
(Romeo e Giulietta: atto II, scena II)
Qui l'articolo orginale
Thanks Patti!
Articolo interessantissimo, mi piacciono molto queste pillole così piene di significato.
RispondiEliminaNe approfitto per farvi i complimenti per l'ottimo lavoro che state facendo. Avanti così!
Grazie Capitano! Continua a seguirci ;)
EliminaMi unisco ai complimenti: è bello vedere nascere punti (e spunti) di riflessione nell'impro italiana :)
RispondiEliminaho avuto l'onore e il piacere di partecipare (due volte!) a workshop tenuti da Patti (e non smetterò mai di ringraziare i Bugiardini, ABIT e Simone L'Onesto per questo) nel 2014, ed è innegabile come sia una di quelle persone con cui vorresti avere SEMPRE a che fare, per la sua profondità e serenità.
La riflessione che a me ha sempre suscitato è: ma ognuno di noi, come è stato formato nell'improvvisazione? come vive l'improvvisazione teatrale? si diverte? Pianifica? Si sente diverso da se stesso quando è in scena?
La riflessione che faccio è legata al fatto che a molti, moltissimi è stata insegnata la differenza tra short e long form, che la teatralità è propria solo della seconda, che si debba per forza ritenere il proprio lavoro come rilevante solo in relazione al lavoro altrui.
Insomma, occorre secondo me "risvegliare" (e per fortuna ci sono sempre più compagnie che lo fanno :) ) la "filosofia" dell'improvvisazione teatrale in Italia.
Anche perché, in questo momento in cui talvolta sembra esserci la caccia al guru, una riflessione autonoma su come intendiamo lavorare diventa necessaria.
grazie degli spunti!
Grazie a te!
EliminaParliamone... che a noi piace tanto :-)
Tanta nerditudine improv.
Elena
challenge accepted! ;)
Elimina...e i Cacciatori di Tinche Artiche??? ;-)
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