#yesandwebelieveyou: senza punti di domanda

Sono 2 i motivi per cui non abbiamo ancora scritto un articolo sulla campagna #yesandwebelieveyou: in queste settimane il tempo a disposizione per analizzare tutta la faccenda è stato troppo poco (e la faccenda è complessa), ma soprattutto, è un tema che, per me, non riguarda l'improvvisazione. Riguarda un po' la vita di tutti e di tutto.
Ma questo blog non parla di tutti e di tutto. Parla d'improvvisazione. Quindi, poiché l'episodio in questione riguarda inevitabilmente il nostro mondo, troviamo sia il caso di affrontarlo. Ma non basterà.

Chi mi conosce sa quant'io possa essere fastidiosamente pignolo sull'uguaglianza: dal periodo in cui mi ostinavo a usare @ per indicare il maschile/femminile neutro in ogni frase su Facebook, alla predilezione per le amicizie femminili (a prescindere da interessi sentimentali), alle discussioni in cui più di una volta mi sono trovato su posizioni più femministe rispetto all'interlocutrice. Tutto questo, sommato all'inevitabile curiosità nel leggere un hashtag come #yesandwebelieveyou, che tocca 2 tasti particolarmente delicati ai miei occhi (la filosofia dell'improvvisazione e il victim-shaming, la colpevolizzazione delle vittime), ha portato a chiedere alla nostra amica Jill, direttamente dagli Stati Uniti, di cosa si stesse parlando nella campagna che pian piano, in queste settimane, ha preso piede nei profili Facebook improvvisativi di un po' tutto il mondo.

E Jill, adorabile come al solito, ha risposto (in inglese, anche se ormai parla spagnolo e italiano tranquillamente :) ma traduco qui testualmente):

Come posso fare per raccontarti tutto?
DSI è un locale comico di 
Chapel Hill, North Carolina. A quanto pare, l'anno scorso un mucchio di persone ha lasciato, e circolavano storie su Zach Ward, in particolare riguardo al suo comportamento nei confronti delle donne.

Settimana scorsa
, Vinny Valdivia, suo ex co-direttore al DSI, ha scritto un post su Facebook su alcune delle azioni di Zach. La gente ha iniziato a commentare con aneddoti su altre cose fatte da Zach. Ecco il post, è pubblico: https://www.facebook.com/vinnyfureel/posts/10155413825963718

E qui esco un attimo dalla risposta di Jill, per riassumere il post e i commenti linkati, per i non-anglofoni o i più pigri:
Vinny pubblica un post in cui racconta vagamente alcune discriminazioni subite al DSI, per poi dichiarare di aver lasciato quel posto a causa dell'atmosfera "tossica" che si respirava, e che non dava l'impressione di poter cambiare. Chiude il post laconicamente ("So che in molti abbiamo avuto esperienze negative al DSI, ma non ne parliamo mai. Magari è ora di farlo").
Tra i commenti, è chiara la tendenza del DSI a passare da terra promessa ad ambiente assolutamente tossico e scoraggiante, permeato di massime negative, dal "non sei in grado" al "nessuno ti vuole": l'esatto opposto del "make your partner look good", e del supporto reciproco, di cui l'improvvisazione dovrebbe farsi portavoce. E molto altro.
Il post è stato una prima occasione per molte persone di condividere la propria esperienza, dopo anni di elaborazione e, realisticamente, accantonamento.

Questa storia, in questo momento, ha riportato il ricordo in alcune persone vittime (a livelli diversi) di abusi, ed è accaduto ciò che accade con esperienze simili, dentro e fuori dall'improvvisazione: condivisione e supporto da un lato, victim-shaming dall'altro.

Poi Grace Baldridge Carnes ha raccontato la propria storia: https://www.facebook.com/yourfriendgrace/posts/10100384359367805

Il post di Grace lo trovate tradotto da Livi@ Carloni, sul gruppo Italian Improvisers Network.
In estrema sintesi, ed è molto interessante, Grace ha mosso i primi passi nell'improv non per interessi artistici, bensì perché era attratta da uno degli insegnanti, che tuttavia non era interessato a lei in quel modo e non ha approfittato della situazione, "il che dimostra l'assoluta possibilità di avere accesso/potere/privilegio senza necessariamente abusarne". Per me è importantissimo questo lato, perché viene spesso vista come una prerogativa maschile: "oh mi iscrivo a teatro che è pieno di figa", ma siamo tutti fottutamente diversi, e allo stesso tempo tutti uguali. A volte sono gli uomini a seguire gli ormoni, a volte le donne. Finché tutti sono consenzienti, non c'è nulla di male. Non sono gli uomini porci e le donne pure. A volte è il contrario, a volte è un po' e un po'. Il mondo non è vario, è una cazzo di entropia. E Grace, a prescindere dall'abbigliamento, dall'atteggiamento o chissà cos'altro, non ha colpe, stando al racconto.
Ad ogni modo, Grace racconta del flirt iniziale di Zach (non l'insegnante a cui lei era interessata, ma il fondatore della scuola), nei suoi confronti, e del suo interessamento a livello amichevole, ma non sentimentale. La storia prosegue col racconto di uno stupro tanto sconvolgente quanto straniante, in cui spavento e negazione sono i concetti più pertinenti. Non terrore, non trauma né violenza. Grace non racconta a nessuno l'episodio per molto tempo, e anzi continua a restare in quell'ambiente e a mantenere l'"amicizia" con Zach. Eccetera. Davvero, leggete la lettera integrale, è assurda. Così comune, purtroppo e probabilmente, ma assurda, a maggior ragione.

Come sempre, altri hanno accusato Grace e gli altri commentatori di aver mentito ed esagerato, o di aver sollevato tanto fumo per nulla. Kate Jack ha cambiato la propria immagine del profilo in una foto di se stessa con la frase scritta su un bloc-notes: Yes + we believe you.”

Da lì l'
hashtag #Yesandwebelieveyou per supportare chi si è espresso sulla vicenda. Callie Peck ha creato una grafica.

Leggendo la lettera di Grace, non ho potuto fare a meno di rimbalzare su altri commenti, altri post e articoli suoi e non solo, e le conclusioni sono molteplici:
- a detta dei resoconti di Grace, lei stessa non sa se sia stata vittima di un vero e proprio stupro, nonostante riconosca di trovarsi nella grande "zona grigia" dell'abuso sessuale.
- è stata lei a sentirsi in colpa e sporca per quasi 3 anni, prima di decidere di parlare della propria esperienza, pur sapendo che sarebbe andata incontro non solo a supporto incondizionato, ma anche a insulti, rovesci della storia e contro-accuse: "te la sei cercata".
- questa storia NON RIGUARDA l'improvvisazione. O meglio, non solo. L'improvvisazione ne è l'ovvio contesto, la cornice. Ma qui si tratta del proprietario di un teatro (ma potrebbe essere un'industria tessile, un ufficio di marketing, un supermercato...) che, a detta delle innumerevoli vittime, approfitta, abusa della propria posizione per violentare, mentalmente o fisicamente, persone che occupano ruoli più deboli. Non inferiori o con meno valore. Semplicemente meno forti dal punto di vista sociale e/o professionale. Punto. E non accetterò mai i "eh ma nell'improvvisazione è peggio perché è un clima di supporto reciproco, ci si vuol tutti bene e si abbassa la guardia": la maggior parte degli abusi sessuali non avviene nelle scuole di teatro. Avviene nella propria casa, avviene nelle relazioni sentimentali in cui da una parte c'è un abusante, e dall'altra una persona che non realizza di essere vittima o se ne vergogna a tal punto da non ribellarsi. Le normali coppie sono il terreno più fertile per gli abusi. E stiamo a scandalizzarci della confidenza che diamo al nostro insegnante?! E allora agli zii? Ai compagni di classe? Ai preti? Ai marò?

Non è il ruolo a fare l'abuso, è la persona. Pura e semplice. A volte, capita che questa persona sia un insegnante di improvvisazione, o un improvvisatore. Nella cornice improvvisativa, abbiamo la fortuna e il privilegio di imparare una filosofia che, letta bene e applicata meglio, ci permette di affrontare queste situazioni e aiutarci a vicenda, vittime e carnefici. Abbiamo il supporto e la confidenza di una comunità piccola ma internazionale. Se non lo troviamo nel gruppo in cui siamo, siamo liberi di cambiare gruppo e/o di chiedere aiuto online. Che tu sia in una scuola d'improvvisazione, in un ufficio, per strada o su un elicottero, nessuno ha diritto di abusare di te. E invece di ridere di episodi simili, al bar o ai raduni, qualche volta faremmo anche bene a ricordarcelo a vicenda. Molte donne (e molti uomini) si trovano in situazioni ben peggiori, senza alcun supporto esterno. Noi abbiamo una famiglia globale a disposizione, se la vogliamo.

Comunque, l'esito della storia è che il DSI chiuderà a fine Agosto, per decisione di Zach Ward. E in tutti gli articoli a riguardo, Grace non chiede altro che, a lui, di curarsi, e a noi di non dimenticare la più semplice missione del mondo, che è tanto radicata nell'improvvisazione quanto nell'umanità: "ama te stesso, ama gli altri, resta curioso, e continua a crescere". Quando ci scervelliamo sul senso della vita, a volte basta ricordarsi che l'abbiamo sempre avuto davanti agli occhi.

Commenti

  1. Che storia allucinante... Grazie per aver postato questo articolo, davvero bello!
    Giorgia

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