Improvvisatori in miniatura

La nostra aula decorata dalle massime del gruppo :-)
Da gennaio a maggio ho tenuto un laboratorio di improvvisazione teatrale dedicato ai bambini delle elementari (dai 7 ai 10 anni) presso la Casa di Margherita, una bella realtà arcorese autogestita dalle famiglie.
Lo stimolo è venuto da Vanni, padre di una ragazzina di 10 anni, che da tempo voleva sperimentarsi in questo ambito.

La sfida era interessante, anche perché ero curiosa di capire le differenze di approccio da parte dei marmocchi. Nonostante la mia nota ostilità alla procreazione, ho scoperto negli spettacoli nelle scuole uno dei momenti più belli della mia carriera improvvisativa dal punto di vista del giudizio immediato, della risposta, dell'ostilità.
La letteratura che ho recuperato è abbastanza limitata, oltre al classico Giochi di teatro per le scuole di Viola Spolin ho trovato poco altro.
La formazione più utile è stato l'affiancamento a Cristina Combi, mia ex collega improvvisatrice a Teatribù ma soprattutto attrice di spettacoli per ragazzi di grande esperienza e formatrice con particolare attenzione per il teatro ragazzi.
Io e Vanni abbiamo assistito alle sue lezioni e ci siamo innamorati del suo approccio dolce e autoritario, facendoci consigliare esercizi e metodi di lavoro.

Tutto inutile.
Alla fine della prima lezione in preda a 14 pesti scatenate io e Vanni volevamo ritirarci in meditazione in Tibet (senza minorenni intorno).
Tutte le nostre belle idee, gli esercizi che tanto fanno divertire noi e gli ultradecenni non funzionavano.

Vanni in azione!
La prima lezione che ci hanno dato i bambini è: non vogliamo aspettarci. Abbiamo eliminato tutti gli esercizi in cerchio in cui si fanno cose a turno. Imporre un ritmo non è cosa gradita per molti: se vogliono si fermano, si prendono il loro attimo di attenzione in più. Perché una cosa molto vera che ho trovato nel capitolo "Working with children" di Directing impro, libro gentilmente donatomi da Mapo, è che in questa fase della vita i bambini sono selfish, egoisti. Nonostante (o proprio perché  passano la maggior parte del loro tempo in gruppo - classe, sport, scoutismo...) e stanno esplorando la loro individualità, in una situazione come quella di una classe di teatro tendono a prendere la scena. Ho visto scene di pestaggio per essere uno dei due protagonisti della "panchina" e gli stessi bambini infilarsi sotto i tavoli per evitare le scene di gruppo.

Seconda lezione: trova un modo originale e personalizzato per gestire la nostra esuberanza. Le urla, la disattenzione, la mancanza di disciplina sono il contraltare di fantasia e verità. Il ruolo del cattivo che sgrida non mi si addice, abbiamo trovato un modo di richiamare l'attenzione attraverso il gioco: quando si lancia l'1 si salta, col 3 si battono le mani, col 7 ci si abbraccia... ha funzionato! Non solo, i bambini stessi (o meglio le bambine, mie vere alleate) chiamavano i numeri nei momenti di caos :-)

Terza lezione: abbandona gli stereotipi sui bambini. Non è vero che sono un pozzo di fantasie: spesso sono noiosi come una biblioteca piena solo di libri di pirati. Non è vero che hanno l'improvvisazione nel sangue: uno di loro fa una domanda ad ogni proposta dell'altro; un altro dice: ma non è vero che è così! Però sono interessanti per altri motivi: l'approccio allo spazio non scontato, uno scene painting che vorresti vedere fare agli adulti, l'affetto spassionato che ti regalano.

Così, a tentativi e con successi e disfatte siamo arrivati alla tredicesima lezione, aperta anche ai genitori. Abbiamo mostrato cosa facciamo per divertirci insieme e abbiamo anche improvvisato, direi anche con una certa bravura. E alla fine mi sono anche commossa.
Credo proprio che sia valsa la pena provare, e credo che questo sia solo l'inizio.

Mi piacerebbe avere impressioni e informazioni anche bibliografiche da chi fa questa attività, voglio imparare! Grazie :-)

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