TELL, DON'T SHOW - "Plagio"

foto da teatroamolla.it
Come la chiami una serie di recensioni di spettacoli d'improvvisazione?
Tra le opzioni scartate, la preferita era #TuNonPuoiCapire, ma suonava presuntuosa.
Eh sì, perché il sottotesto non sarebbe stato "Sei una capra", bensì proprio "Cioè hanno fatto delle cose che io non le riesco a descriverle, cioè non puoi capire, mollami proprio".
Perché puoi avere tutte le lauree che vuoi, ma quando vedi ciò che fa certa gente su certi palchi, senza copioni, senza maledettissime posizioni pronte, senza dannatissimi attacchi, cambi-scena, personaggi concordati, vabbè ma cosa lo scrivo a fare, siamo Improvvisatori, lo sappiamo benissimo.


Eppure oh, quando si vedono certe cose si resta così, a bocca aperta, mandibola spiaccicata al terreno, e il tuo insegnante in seconda fila che ti guarda e ride… il maledetto.

E non ve lo posso mostrare, purtroppo, quello che ho visto. Non posso nemmeno costringervi a vedere la replica il giorno dopo, o la tournée, dio, nemmeno il video renderebbe onore a ciò che ho visto. Gli spettacoli d'improvvisazione sono i più meravigliosi fra i castelli di sabbia. Quelli alti, elaborati, perfetti e costruiti più vicini possibile al mare, praticamente sul bagnasciuga. Parte del loro fascino sta nella loro precaria perfezione. Che diventa perfetta precarietà quando 30, 40, 70 minuti dopo il mare si alza, li supera, se li prende e se li mangia. Di quel castello resta solo il ricordo. Di questo show, pure.

TELL, DON'T SHOW - "Plagio"

C: Antonio Contartese, Luca Gnerucci, Antonio Vulpio
R: Teatro a Molla, Bologna
O: "T'improvviso di Domenica", a cura di IMPREVISTI SU MISURA
W: Teatro CABOTO, via Caboto 2, Milano - 8 Febbraio 2015

Il format scandisce 2 atti della rappresentazione, una parte eterogenea prima e una omogenea poi.
Chi ha letto l'evento o la descrizione online, sapeva che avrebbe dovuto portare un libro per lo spettacolo. E quando qualcuno ti dà dei compiti a casa ancor prima di conoscerti, sai che sta facendo sul serio. Io ve l'ho pure portato un libro, cari Teatro a Molla ("Vieniminelcuore", di Micol Arianna Beltramini), però non avevo collegato che la vostra intenzione, oltre all'uso nello spettacolo, era quella di farmelo scambiare con un altro libro, e così è rimasto in tasca. Che a saperlo ne portavo uno a cui ero meno affezionato. In effetti sì, ai book-crossing si portano sempre i libri peggiori. Come i regali riciclati per l'"Amico Invisibile" alle feste di Natale. Ma verrà un giorno in cui regalerò un bel libro a un book-crossing, promesso. Forse non domani, forse non questo mese, ma un giorno, un giorno…

Le improvvisazioni brevi iniziali si basano proprio sui libri portati dal pubblico, adagiati sul pratico tavolino sotto il palco. Ma non solo. "Chi ha dimenticato il libro in macchina?", "Qual è il libro che avreste tanto voluto portare?", "Un libro che non sopportate? Perché?" sono solo alcune delle domande che hanno permesso agli Improvvisatori di fare la loro magia. A significare che "sì, vi diamo i compiti, però anche se non li fate siete parte dello spettacolo, siete qui, con noi, nel presente, non vi molliamo, dai su, venite qua che vi abbracciamo, non fate i timidi". Ogni mini-intervista regala alla scenografia (lenzuoloni di carta appesi qua e là sullo sfondo) un titolo di un libro e una suggestione dal libro o dalla persona che l'ha suggerito. E poi ogni lenzuolone di carta diventa una breve scena improvvisata.

Nel secondo atto, gli 8 lenzuoloni sparsi si riuniscono in quello centrale, che raccoglie l'elenco delle suggestioni emerse nel primo atto e costituirà l'ossatura della narrazione più lunga, il fulcro, il romanzo plagiato improvvisato, cuore pulsante di "Plagio".

Sul palco del Teatro Caboto
Non ha molto senso dilungarsi su cosa riesca a fare il Teatro a Molla (e questo spesso è il punto in cui chi scrive che non ha senso dilungarsi, poi fa un regressione di 45 righe in cui si dilunga esattamente sui temi che ha appena detto che non avrebbe trattato, ma no, non accadrà, promesso): non ero a bocca aperta a caso, ero sconvolto. Metà del tempo ho riso. Metà del tempo ho pensato (e probabilmente urlato senza voce) "AH MA IMPROVVISANDO POSSIAMO FARE QUESTE COSE QUI? Cioè si può fare anche questo?! E QUESTO? E QUESTO!?!?". Il confine tra queste domande e "Vabbè ciao, la danza classica non suona poi così male" è labile, ma quando sul palco c'è dell'arte, non ti allontaneresti mai. E probabilmente non sarà stato neanche il loro miglior spettacolo, e sicuramente ci sono stati errori, nomi sbagliati, salvataggi in corner, cambi-scena che invece di durare 1 secondo ne sono durati 2, ma ho sbavato. Mi sono sentito come un bambino che ha appena scoperto come far sembrare molle una matita e si trova davanti David Copperfield.

Dopo qualche ora ti riprendi, in fondo è solo uno spettacolo teatrale, non è la prima volta che ti commuovi a teatro (ma è la prima volta che lo fai per un personaggio improvvisato - non sono riuscito a dirtelo dopo lo spettacolo, però grazie Luca Gnerucci. GRAZIE), non è la prima volta che vedi professionisti recitare o che resti imbambolato a guardare la scena orma vuota mentre la platea si dissolve nel foyer, nelle auto, nelle case…

La differenza è che adesso, quando al piccolo Improvvisatore che è in me chiederanno cosa vorrebbe fare da grande, avrà una vaga idea di cosa rispondere.

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