Alla Velocità della Vita - Capitolo 7: FANCULO LE REGOLE

Clicca qui per la puntata precedente (5 e 6 - ASCOLTO E SILENZIO).

"Non esistono regole per scattare buone fotografie, ci sono solo buoni fotografi." - Ansel Adams

Ecco un pizzico di storia dell'improvvisazione per voi. Negli anni '50 (quasi anni '60), “Le Regole della Cucina” furono inventate da due pionieri dell'improvvisazione americana: Elaine May e Theodore J. Flicker. Si sedevano al tavolo da pranzo, analizzando cosa avesse o non avesse funzionato nelle loro scene improvvisate la sera prima. Queste scoperte avrebbero fatto poi parte delle successive prove col resto della compagnia dei St. Louis Compass (di cui faceva parte anche Del Close).

Grazie alla stupenda biografia di Del Close, scritta da Kim “Howard” Johnson e intitolata “Il più divertente nella stanza: le vite e le leggende di Del Close”, sappiamo che Elaine May aveva iniziato ad analizzare la natura dell'improvvisazione proprio con Flicker. Esaminavano perché qualcosa funzionava, perché qualcos'altro falliva, e si chiedevano se non ci fosse un modo di sviluppare delle regole atte a ridurre considerevolmente gli errori sul palco. Sempre dal libro di Howard, scopriamo le 3 regole principali su cui May e Flicker convergevano: “Mai negare la realtà... Scegli sempre l'opzione attiva... È compito dell'improvvisatore giustificare qualsiasi cosa accada in scena” (un'altra classica pillola di Elaine era “Nel dubbio, seduci”. Questo suggerimento riguarda in effetti la necessità di rendere il tuo compagno di scena la persona più importante, creando anche uno stato di connessione emotiva all'interno dell'improvvisatore).

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Chiaramente, non pensiamo che le regole abbiano tutta questa importanza. Ad ogni modo, consideriamo utili i princìpi che stanno dietro alle regole. Perciò lasciatele in un angolo, e al loro posto provate questi concetti che stanno alla base:

Nota traduttiva: i "numeri" delle regole sono riportati letteralmente, gli autori hanno scelto di non dare un reale ordine numerico alle regole. Those clever fucks.

A.) Concorda (che è diverso dal dire sì).

ii.) Presta attenzione.

4.) (o 1A) Non negare la realtà stabilita.

C.) Prendetevi cura l'uno dell'altro.

XII.) L'altra persona è la più importante e la risposta ai tuoi problemi.

12.) Imporre fatti artificiali su una scena è controproducente.

n.) La scena sta tutta nella connessione tra i personaggi.

12a.) Gioca al massimo della tua intelligenza (dando per scontato che l'intelligenza può assumere molte forme).

E ne aggiungeremmo un'altra, che guarda caso è il nostro principio centrale e fondamentale. Lo numeriamo al primo posto perché merita la prima posizione. E fa così:

1) Rispondi e comportati sempre onestamente qui e ora.

Per seguire il principio numero uno, dobbiamo essere sempre presenti nel momento. Dobbiamo sapere cosa sta accadendo così come cosa sia accaduto o sia stato stabilito fino a questo punto.

Troviamo che, seguendo questo principio definitivo, la scena fila liscia liscia. E non è forse questo lo scopo? L'obiettivo non è seguire ogni regola. Per noi almeno, l'obiettivo è raggiungere l'eccellenza nell'improvvisazione. E per quanto ne sappiamo, l'unico modo per farlo è restando nel qui e ora. Adesso. E adesso. E adesso.

Spesso scendiamo dal palco chiedendoci se lo spettacolo sia andato bene; non scendiamo mai preoccupandoci di aver seguito tutte le regole.


STRALCI DI CONVERSAZIONE: Sulla frase “Sì, e...”

TJ: Quando eravamo agli inizi, pensavamo di dover usare sempre proprio quelle parole, “Sì, e...”. Che giornata di scene di merda che è stata.

David: Preferiamo incorporare l'idea del “Sì, e...” nel senso di un accordo sulla realtà condivisa di una scena stabilita, piuttosto che pronunciare le parole specifiche “Sì, e...”. Come in moltissime altre situazioni, le parole sono più spesso il problema che la soluzione.

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David: Penso che parte del problema sia che alcuni pensano che una scena richieda azioni drastiche, come buttarsi in un falò. In realtà, una scena più interessante vedrebbe due tizi che si asciugano intorno al fuoco, essendosi precedentemente bagnati a causa di qualcosa che verrà svelato. Qualcosa di semplice. La scena è tra i due uomini, non tra loro e un'azione.

Pam: TJ ha detto che il “Sì, e...” porta la gente a dire “un sì fittizio invece di un no vero”. Perciò, dire sì pensando di dover dire sì, anche se non concorda con la realtà stabilita nella scena, è un sì fittizio.

TJ: Ci viene detto di offrire questi sì automatici che finiscono per apparire come le stronzate che sono. Invece, siate onesti nei confronti del punto di vista in cui vi siete ritrovati.

David: Non sto rispondendo allo stimolo in assenza di contesto.

Pam: Il “Sì, e...” è in accordo con l'emozione...

TJ: ...e con la realtà della scena...

David: ...e anche con tutto ciò che è accaduto prima. Persino se quella fosse la prima parola di una scena, sono successe un sacco di cose ancora prima.

TJ: Concordi col momento in cui ti ritrovi, con chi sei e cosa sei stato. Chi è il tuo partner e chi era. L'emozione, le condizioni atmosferiche, l'orario. Chi più ne ha più ne metta. Il mondo che avete creato in quel momento. Tutto questo influisce nel momento in cui qualcuno ti ha chiesto di buttarti nel falò.

Pam: Le parole rischiano di essere gli elementi meno importanti dell'improvvisazione.

David: Aha!

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